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Cineasti classici





LUIS BUÑUEL: lo scandalo dei benpensanti


"Il cinema è un arma magnifica e pericolosa se è uno spirito libero a maneggiarla. È lo strumento migliore per esprimere il mondo dei sogni, delle emozioni, dell'istinto". L'opera di questo eccezionale cineasta spagnolo è la massima rappresentazione del surrealismo cinematografico. Luis Buñuel (Spagna, 1900 - Messico 1983), sostituisce all'immagine della realtà un espressione di essa soggettiva e al difuori del controllo della ragione; il suo surrealismo è desiderio di abbattimento e negazione di tutte le forme di costrizione e condizionamento dell'uomo sociale e di ricerca della libertà individuale e dello spirito e la sua arte è la manifestazione di questa libertà: uno scandalo per i benpensanti.

Abile narratore di ossessioni, dopo un'infanzia caratterizzata da un'educazione religiosa avuta dai Gesuiti, si fa ateo (già si nota quindi, la sua vena dissacratoria). Buon pugile, fondatore del primo cineclub spagnolo, laureato in lettere, è amico di Federico Garcìa Lorca, Rafael Alberti e Salvator Dalì, che allora incarnavano il meglio della cultura spagnola. Durante il franchismo, è costretto a trasferirsi in Francia, negli Stati Uniti e in Messico. Tutta la sua carriera è caratterizzata da un linguaggio filmico profondamente trasgressivo e in molti tratti incomprensibile; avvenimenti e personaggi sono eternamente in conflitto con le norme sociali a cui sono assoggettati. È comunque una cinematografia solo apparentemente eccessiva e provocatoria. Dissacratore eccelso, tutte le opere che ci ha lasciato sono un attacco metodico alla chiesa cattolica, alla borghesia e suo al conseguente stile di vita; per Buñuel tutta la collettività nasconde i soprusi di cui è fatta oggetto dietro la parola di Dio. Cineasta superlativo, ma personaggio difficile, eccelso ma culturalmente pericoloso; il suo cinema è un enorme manifesto anti-borghese, un continuo e feroce attacco alla società che, secondo Buñuel, possiede il potere ma non la felicità.

Genio dell'ambiguità, è capace con uno stacco di rendere diversa la stessa scena. Il tecnicismo e la perfezione, il cinema come macchina tecnologica, non è cosa che gli interessa, ma la sua è più una scelta che una vera e propria esigenza. Buñuel stesso sostiene:"Il film è già montato tutto nella mia testa prima di girarlo", "Riscrivo almeno tre volte la sceneggiatura" , "Il film più lungo che ho girato è durato dieci settimane", "Non sono pignolo, perfezionista", "I miei assistenti sono spesso più puntigliosi di me", "Io sto attento all'essenziale. Giro una scena sul momento, ma non la ripeto. Mi dico: tanto peggio", "Mi piace la semplicità, detesto la tecnica".

Il primo film da regista, "Un chien andalou" è stato finanziato dalla madre; in esso vi compare come sceneggiatore ed attore il suo amico Salvador Dalì. Il secondo lavoro "L'Âge d'Or" costruito su una narrazione facilmente decifrabile, è onirico e provocatorio al punto che per lo scandalo che lo ha accompagnato, la sala nella quale si proiettava fu bruciata dai fascisti. Vietato brutalmente per un cinquantennio fu riproiettato al pubblico a Parigi per la prima volta nel 1981! È una crudele e spietata ironia verso la società borghese il filo conduttore che praticamente condiziona tutta la sua carriera. Nel 1932 sconvolge il pubblico con "Terra senza pane", un documentario psicologicamente devastante della Spagna rurale, in cui tutto è pianto e sofferenza, una pellicola intrisa di immagini terribili che sopprime il cinema, quale mezzo di svago. Dopo alcuni lavori minori, nel 1950 esce "Adolescenza torbida", un intelligentissimo e provocatorio melodramma erotico-religioso. Nella storia si avverte un erotismo, dalla forza così travolgente, da spazzar via qualsiasi altro argomento. Si rivela finalmente al pubblico internazionale con "I figli della violenza", Palma d'Oro al Festival di Cannes, pellicola, come suo solito, impietosamente feroce e crudele, ai limiti della tollerabilità, nel denunciare le miserie. Un mondo disperato dove soltanto l'accettazione passiva è lecita. "Il bruto", del '52, un melodramma di sesso amore e morte, purtroppo ha subito l'intervento pesante della censura e la sceneggiatura è stata stravolta dalla produzione. Nel film, la forza dell'amore cambia la vita dell'uomo.

È del 1952 "Lui", un racconto sulla gelosia estrema, sulle ossessioni sociali ma soprattutto sessuali, e sulla conseguenza che valori culturali e religiosi hanno sul comportamento umano. Con "Cime tempestose", il regista ha finalmente realizzato un progetto che inseguiva fin dagli anni trenta. Nella storia l'amore supera tutto e tutti, anche la morte,quindi l'amore culmina con l'autodistruzione degli stessi personaggi. Di pochi anni dopo è "Estasi di un delitto", basato sulle frustrazioni scaturite dall'educazione cattolica. Anche se sviluppati in modo stupendamente diverso, i film successivi sono sempre gioielli del surrealismo: "La selva dei dannati" lucido e cinico come mai e "Nazarin", premio speciale della giuria al Festival di Cannes. Con "Viridiana", Palma d'Oro a Cannes, è trionfo internazionale. Buñuel ha 60 anni e, invitato nella sua Spagna dopo trent'anni anni, la provoca con questa incredibile opera. Franco proibisce il film perché nella trama vincono gli istinti contro la religione; lavoro complesso e inquietante, definito sacrilego è attaccato addirittura da L'Osservatore Romano. Il Consiglio dei Ministri spagnolo alla presenza di Franco destituisce il direttore generale del cinema. "L'angelo sterminatore", premiato a Cannes, è enorme beffa contro i riti borghesi; girato in Messico è capolavoro assoluto del surrealismo e del cinema come mezzo di aggressione e di analisi della morale; cinico violento e potente.

Nel 1965, "Simon del deserto" nonostante è stato disastrato da problemi finanziari, è premio speciale della giuria alla Mostra di Venezia. Il seguente e incredibile "Bella di giorno", rifiutato a Cannes per insufficienza artistica è stato premiato alla Mostra di Venezia con il Leone d'Oro; un enorme successo anche se ha subito alcuni tagli dalla censura. Per "La via lattea", l'argomento è la totale follia dell'uomo. Concludiamo ricordando: "Tristana", sul comportamento umano pilotato dalle convenzioni e sul mondo inquietante ed affascinante dei propri incubi; "Il fascino discreto della borghesia", finalmente premio Oscar, intriso di cupo pessimismo, uno dei pochi lavori, dal punto di vista narrativo, scorrevole e "Il fantasma della libertà", il film tra i più incomprensibili. Luis Buñuel, come continuità stilistica, è il più rigoroso cineasta mai esistito.



Filmografia:

"Un chien andalou", 1929;
"L'Âge d'Or", 1930;
"Las Hurdes", o "Terra senza pane", 1932;
"Gran Casino", 1947;
"Il grande teschio", oppure "Il grande festaiolo", 1949;
"I figli della violenza", 1950;
"Adolescenza torbida", 1950;
"La figlia dell'inganno", 1950;
"Quando i figli ci ingannano", oppure "Una donna senza amore", 1951;
"Salita al cielo", 1951;
"Il bruto", 1952;
"Le avventure di Robinson Crusoe", 1952;
"Lui", 1952;
"Cime tempestose" oppure "Abissi di passione", 1953;
"L'illusione viaggia in tranvia", 1953;
"Il fiume e la morte", 1954;
"Estasi di un delitto", 1955;
"Amanti senza domani", 1955;
"La selva dei dannati", 1956;
"Nazarin", 1958;
"L'isola che scotta", 1959;
"Violenza per una giovane", 1960;
"Viridiana", 1961;
"L'angelo sterminatore", 1962;
"Diario di una cameriera", 1963;
"Simon del deserto", 1965;
"Bella di giorno", 1966;
"La via lattea", 1969;
"Tristana", 1970;
"Il fascino discreto della borghesia", 1972;
"Il fantasma della libertà", 1974;
"Quell'oscuro oggetto del desiderio", 1977.





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