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Cineasti contemporanei





DAVID LYNCH, il terrorista della normalità


"Avrei voluto veder accadere cose nella mia vita. Sapevo che niente era come sembrava, ma non riuscivo a trovarne una prova", è David Lynch (USA, 1946) che racconta se stesso. Cineasta difficile e poliedrico come pochi, cresce come artista nella pittura e ben presto avverte il bisogno di mettere in pellicola i suoi impossibili quadri. Ci propone allora una cinematografia sempre ai limiti della sperimentazione, caratterizzata da un maniacale e convinto uso dei dettagli e delle luci. Le sue opere vivono di imbarazzi, situazioni ripugnanti, deformità psichiche e fisiche e, spingendosi oltre, di perversioni sessuali delle quali si considera maestro.

Dichiara più volte ai giornalisti:"Avrei voluto fare lo psichiatra". Realizza, pertanto, una cinematografia complessa dal difficile approccio, o si ama o si odia. Cineasta d'autore con fare completo e definitivo, per il primo lungometraggio "Eraserhead" è autore di regia, produzione, sceneggiatura, fotografia, montaggio ed effetti speciali. Incredibili i tempi di realizzazione, tra un problema e l'altro, ben cinque anni! È così convinto ed appassionato del suo lavoro, che per completare il film, travagliato da mille disastri finanziari, perse la casa per debiti e fu costretto a dormire nel set all'insaputa della troupe cancellando abilmente, alla mattina, le tracce del bivacco. Già in questa prima opera, lo stile filmico non si identifica con nessun genere conosciuto; infatti, il regista stesso, si dichiarerà sempre estraneo alla cultura cinematografica contemporanea.

Lynch ama delineare un immaginario fortemente disturbato e disgustato. I suoi pensieri sono terrorizzati dalla normalità sociale; e più la normalità è tranquilla e stereotipata e più la stessa nasconde inquietudini e perversioni indicibili. È tutto qui, il suo linguaggio cinematografico, salvo qualche eccezione. "Eraserhead" è diventato un cult-movie di tale rilevanza da consentire a Lynch l'ingresso ad Hollywood dal cancello principale cosa che gli ha permesso di realizzare "The elephant man", prodotto da Mel Brooks. È questo un film stupendo, possiede una carica melodrammatica che i continui passaggi televisivi ed il tempo non hanno minimamente scalfito. È stato candidato nel 1980 ad otto premi Oscar tra cui la regia e la sceneggiatura."È la storia di qualcuno che era un mostro all'esterno, ma dentro era un uomo normale e stupendo, di cui ci si poteva innamorare" dichiara Lynch. Girato in un efficace bianco e nero, è l'unico suo film convenzionale (è stata un esigenza per il suo debutto ad Hollywood); l'immediato successo presso il grande pubblico giustifica la rinuncia di Lynch a filmare le sue ossessioni; comunque, la visione dell'opera comunica emozioni profonde mai scontate.

Successivamente rifiuta la regia de "Il ritorno dello Jedi", terzo episodio della saga di "Guerre stellari". Lynch non ha voluto dirigerlo perché l'opera era già totalmente definita da George Lucas. "Dune", del 1984, è un completo disastro commerciale, ma paradossalmente un felice ritorno a propositi folli ed ossessivi; la produzione, che ha speso settanta milioni di dollari, gli ha vincolato la durata massima a due ore e trenta. Il risultato è un megaprogetto in cui il regista ha dato libero sfogo alla fantasia. Tre anni per studiare il look insieme allo scenografo Anthony Masters (2001: Odissea nello spazio), per questo impossibile e pazzo film di fantascienza; un anno di lavorazione con quattro troupe diverse in sedici set con seicento persone; sei mesi per riprese con gli attori e sei mesi per gli effetti speciali. Il successivo "Velluto blu" ha come protagonisti un violento Dennis Hopper perfetto nel ruolo ed una irriconoscibile e criticatissima Isabella Rossellini, all'epoca compagna di Lynch. Anche qui le parole d'ordine del regista sono delirio, ossessione e crudeltà. Escluso dal Festival di Venezia con l'accusa di pornografia gratuita ha nelle perversioni e nei desideri incontrollabili gli unici fili conduttori.

Nel 1990 esce "Cuore selvaggio", presentato al Festival di Cannes; nonostante fischi e polemiche, vince la Palma d'Oro come migliore film, grazie alla forte influenza di Bernardo Bertolucci, presidente della giuria. La storia è una galleria di personaggi dediti agli eccessi ed alla perdizione. La prima versione dura oltre quattro ore. Lo stesso Lynch l'ha ridotta tagliando le scene di violenza esagerata. È senza ombra di dubbio la pellicola più eccessiva e viscerale. Nonostante la sua reputazione, Lynch diventa celebre presso il grande pubblico grazie alla serie televisiva "Twin Peaks", scritta e prodotta insieme a Mark Frost; trenta telefilm compreso il bellissimo episodio pilota. "Twin Peaks" si rivela ben presto un prodotto innovativo che ha sconvolto la tv; una soap-opera di altissima fattura, realizzata, supervisionata e diretta (solo per alcuni episodi) da Lynch stesso. Telefilm rivoluzionari, se paragonati agli standard televisivi che continuano ad annoiare. Nel 1992 di nuovo un lungometraggio "Twin Peaks-fuoco cammina con me", un abile manovra tesa a sfruttare il successo planetario del serial. Nonostante queste scontate premesse, Lynch inventa il prequel, l'antefatto, cioè la continuazione della storia, ripartendo però dall'inizio, da chi era Laura Palmer? Nel 1998 "Strade perdute" un noir maledettamente complesso ed originale! Sostiene a riguardo lo stesso regista: "Il mio film è composto della materia di cui sono fatti gli incubi. Io ho paura di molte cose, ma soprattutto delle bocche e dei denti degli uomini...".

David Lynch, personaggio poliedrico, disegna da anni una striscia di fumetti su di un settimanale di Los Angeles, ha realizzato diversi cortometraggi, film e serie tv, uno spettacolo multimediale, importanti spot pubblicitari e anche prodotto un album di canzoni con testi scritti da lui.




Filmografia:

"Eraserhead-La mente che cancella", 1978;
"The elephant man", 1980;
"Dune", 1984;
"Velluto blu-blue velvet", 1986;
"Cuore selvaggio-Wild at heart", 1990;
"Twin Peaks-fuoco cammina con me", 1992; da vedere assolutamente per chi non ha perso neanche un episodio della serie tv;
"Strade perdute", 1998;
"Una storia vera", 1999;
"Mulholland Dr.", 2001.






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